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Parigi, tra Fashion Week e proteste: il risvolto eticamente drammatico del “the show must go on”

Una Parigi divisa a metà: da un lato il lusso sfrenato delle passerelle della Fashion Week; dall’altro i violenti scontri per la morte del ragazzo, ucciso dal poliziotto. Non è un romanzo distopico, ma la realtà…

di Sara Radegonda | 4 Luglio 2023
Foto:Pixabay/Instagram @imcardib

Da un lato il privilegio. Che si rende manifesto nello sfarzo di location barocche che fanno da cornice alla presentazione di abiti lussuosi, alla presenza di coloro che la fastosità – non esente da ostentazione – la masticano e la destreggiano meglio di un piatto di ostriche. Dall’altro la lotta. La violenza, i disordini, la rivoluzione scatenata, come nei poemi epici più antici, da un’ingiustizia impossibile da ignorare. Due anime, due metà – l’una la nemesi dell’altra – che coesistono quasi ignare l’una dell’altra, in un intero che è la città di Parigi, culla di quell’eterna contraddizione e divisione che scatena quasi ciclicamente la rivoluzione.

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Parigi Fashion Week e scontri: le due facce dell’ideale

Tutto ciò non è né la sinossi di Hunger Games né la trama di qualsiasi romanzo distopico – prossimo all’adattamento seriale -, ma il ritratto paradossale della situazione che attualmente si sta svolgendo nella capitale parigina; in cui le sfilate della Fashion Week Haute Couture, che hanno richiamato all’ordine star internazionali pronte a destreggiarsi tra front-row e photo call, vanno in scena a pochi chilometri dai disordini causati dalla morte di Nahel, un ragazzo di 17 anni ucciso con un colpo al petto da un poliziotto, in quello che sarebbe dovuto essere un normale controllo nel sobborgo parigino di Nanterre. L’ennesima ingiustizia che ha fatto esplodere gli scontri tra civili, riuniti sotto lo slogan “La polizia uccide” e le forze dell’ordine, i quali si stanno espandendo anche oltre i confini elitari della capitale francese per giungere fino al Belgio e ai Paesi limitrofi.

Parigi Fashion Week e scontri

Foto:Pixabay/Instagram @imcardib

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Parigi Fashion Week e scontri: l’imperativo del “the show must go on” scomoda il dibattito etico

A Parigi coesistono, come in un montaggio alternato eseguito a regola d’arte, due facce di quello che l’etica definisce come ideale: da una parte una delle manifestazioni possibili di un’ideale, incarnato nel lusso e distribuito, da coloro che lo abitano, come figure di modello aspirazionale attraverso gallery di foto condivise sui social; dall’altra parte l’ideale di giustizia come chimera da inseguire e per cui lottare ancora, 234 anni dopo la Rivoluzione francese. Un ritorno ciclico che qualcuno ha definitivo “eterno ritorno dell’uguale”, ma che oggi va a scomodare un dibattito etico sull’imperativo del “the show must go on”. La Fashion Week parigina dovrebbe continuare a mettere in scena il suo spettacolo, oppure sapersi mettere da parte di fronte al dramma dell’ingiustizia sociale?

Celine sfilata rimandata per le proteste di Parigi: “In un momento di lutto, una sfilata ci sembra fuori luogo”

Al quesito non sembra esserci una risposta né corretta né unanime, che eviti di ricadere sul sentiero senza uscita della contraddizione. La Paris Fashion Week è, oltre che manifestazione concreta di un’industria, il risultato del lavoro di persone a cui vanno innegabilmente riconosciuti dignità e rispetto. Nonostante i rappresentanti della Fashion Week abbiano deciso che “lo show deve continuare”, c’è chi ha deciso di non voltare lo sguardo altrove ma scegliere la via del rispetto: Celine, il brand del gruppo LVMH, ha infatti deciso di annullare la sfilata: “Una sfilata di moda a Parigi, in un momento in cui la Francia e la sua capitale sono in lutto, sembra, dal mio punto di vista, sconsiderata e del tutto fuori luogo” ha dichiarato Hedi Slimane, direttore creativo della maison nel comunicato in annuncia la cancellazione del défilé ready to wear primavera/estate 2024. Di fronte alle posizioni estreme, c’è sempre una scala di grigi di possibilità che potrebbero far confluire i due scenari che hanno diviso a metà Parigi.