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Rupert Everett: “La Chiesa cattolica? Nel Medioevo, più terribile dell’Isis”

L’attore britannico nel cast di Il Nome della Rosa È in partenza su Rai Uno una fiction in quattro puntate ispirata a Il Nome della Rosa, romanzo di Umberto Eco edito da Bompiani nel 1980 ambientato nel Medievo, nel 1300 per essere esatti, all’interno di una oscura abbazzia benedettina dell’Italia del nord. Tra i protagonisti […]

di Ruggero Biamonti | 26 Febbraio 2019
Rupert Everett - Foto: Landmark / PR Photos

L’attore britannico nel cast di Il Nome della Rosa

È in partenza su Rai Uno una fiction in quattro puntate ispirata a Il Nome della Rosa, romanzo di Umberto Eco edito da Bompiani nel 1980 ambientato nel Medievo, nel 1300 per essere esatti, all’interno di una oscura abbazzia benedettina dell’Italia del nord. Tra i protagonisti di questo ambizioso progetto, insieme ad attori internazionali del calibro di John Turturro, Damian Hardung e Michael Emerson c’è anche Rupert Everett. 

Ruper Everett raggiunge l’apice del suo successo nel 1996, quando recita a fianco a Julia Roberts e Cameron Diaz nel film Il matrimonio del mio migliore amico, diventato una pietra miliare del cinema pop statunitense. La sua è una carriera lunga e importante, segnata anche dal suo impegno civile. L’uomo è infatti apertamente omosessuale e da anni si batte per diverse cause. 

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Rupert Everett - The happy prince

Rupert Everett – The happy prince / Foto: Image.net

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A Vanity Fair ha dichiarato che anche questo suo ultimo lavoro è in qualche modo una dichiarazione. Nello specifico, una dichiarazione di odio per la Chiesa cattolica. “È la mia crociata contro la cultura dentro cui sono cresciuto” ha dichiarato Everett parlando della fiction. “A 7 anni i miei genitori mi hanno spedito ad Ampleforth, austero monastero benedettino. E, in generale, contro la Chiesa cattolica che, nel Medioevo, era più terribile dell’Isis e che, tutt’oggi, mi vedrebbe volentieri all’inferno per il solo fatto di essere gay”.

Nei suoi anni in monastero, racconta Rupert Everett a Vanity Fair: “Commettevo un sacco di peccati: speravo di scongiurare la possibilità che mi arrivasse la vocazione. Desiderare di essere una ragazza, per esempio. E travestirmi come tale. Durante i weekend mi imbucavo nei camerini del teatro, indossavo gonne, cappelli, foulard, poi andavo sugli spalti dello stadio dove i miei compagni giocavano a rugby: mi fingevo una loro spettatrice. Quando i monaci l’hanno scoperto mi hanno dato la caccia, letteralmente, finché non ho reso tutti i costumi presi in prestito”.

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Nella produzione diretta da Giacomo Battiato l’attore britannico, che compirà 60 anni a fine maggio, interpreta il personaggio del terribile inquisitore domenicano Bernardo Gui che, dice, preferisce di gran lunga a quello da vero protagonista del francescano buono Guglielmo da Baskerville (John Turturro nella serie, Sean Connery nel film del 1986 di Jean-Jacques Annaud), perché, su sua stessa ammissione: “Provo piacere a mostrare il lato oscuro di un’istituzione che detesto”.

P.L.