I Maneskin zitti e buoni si sono presi tutto, o quasi: prima il Festival di Sanremo, che di certo non si può definire l’ambiente naturale delle rock band; poi l’Eurovision Song Contest, e con esso la fama internazionale. Al punto che anche il New York Times si è accorto di loro, la prima band italiana a collocarsi nella Top 10 globale di Spotify. E se la loro carriera era iniziata con un immeritato secondo posto (a X Factor ndr), ora i Maneskin sono decisi a diventare “una storia di successo”.
“Quando il gruppo rock ha vinto l’Eurovision Song Contest di quest’anno”, scrive il New York Times, “era poco conosciuto fuori dall’Italia”. Oggi invece, i Maneskin si trovano sulla homepage di uno delle testate più autorevoli al mondo e la loro canzone (Zitti e buoni) “è stata trasmessa in streaming su Spotify più di 100 milioni di volte. Con quasi 18 milioni di ascoltatori nell’ultimo mese, i Maneskin hanno ottenuto risultati migliori sul servizio di streaming, nello stesso periodo, dei Foo Fighters o dei Kings of Leon”.
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Foto: Gabriele Giussani
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Un riconoscimento di pubblico e di critica, che qualcosa dovrà pur significare: i quattro giovani – “le cui età combinate”, scrive il NYT, “ammontano a soli 83 anni” – partiti dalle strade di Roma, si sono ritrovati catapultati sulla scena mondiale senza battere ciglio. Hanno anzi tenuto testa a polemiche infondate e sterili che avrebbero potuto minare la loro reputazione, sfruttandole al contrario per dimostrare l’assoluta buona fede, la dedizione e l’impegno. Gli unici veri ingredienti del loro successo.
Maneskin New York Times: la conferma del loro successo globale
“Per noi”, ha detto Victoria De Angelis in una recente intervista, “la musica è passione, divertimento, qualcosa che ci permette di sfogarci”. Ed è esattamente questo che traspare quando loro si esibiscono, trasmettendo un entusiasmo che non conosce barriere linguistiche e culturali: “La band è un concentrato di carisma sul palco ed energia giovanile”, si legge ancora sul New York Times.
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Una libertà che traspare anche nella loro estetica, studiata senza mai essere retorica: trucco, tacchi alti e aspetto androgino accomunano tutti e quattro i componenti della band in maniera naturale, quasi spontanea. Nulla è lasciato al caso eppure nulla sembra essere costruito. Gli abiti sono provocatori senza sfociare nella trasgressione a tutti i costi. Semplicemente, esprimono se stessi. E potrebbe essere proprio questa la loro carta vincente.
“Possono conquistare il mondo?“, si è chiesto il New York Times. Secondo noi sì, e lo stanno facendo nel modo giusto.
Foto: Francis Delacroix