“Il problema non sei tu, sono io“. La frase ironica, quasi fuori luogo, pronunciata da Carrie Bradshaw, è forse il riassunto perfetto di questi primi due episodi di And Just Like That. Michael Patrick King ha regalato ai fan dell’iconica serie anni ’90 , dopo ben 17 anni dalla messa in onda dell’ultimo episodio e un decennio dopo l’ultimo film, un revival in pieno stile Sex and the City. Abiti dal sapore inconfondibilmente glamour vestono Carrie (Sarah Jessica Parker), Miranda (Cynthia Nixon) e Charlotte (Kristin Davis), alle prese con le loro vite da cinquantenni newyorkesi.
LEGGI ANCHE > “Made for love”: una cinica e surreale dark comedy in arrivo su Sky e Now Tv
Carrie è passata dall’essere fashion addicted (quella meravigliosa attitudine che ci faceva sentire meno sole) con tanto di maglioni nel forno, a vera donna di casa – che disquisisce sulla qualità del salmone – e moglie di Mr. Big. Miranda ha lasciato il suo lavoro da avvocato delle corporation dopo il “Muslim ban” per iscriversi ad un master e diventare una paladina dei diritti civili, una regressione che la vedrà alle prese con il tentativo di inserirsi in una classe di giovani studenti e confrontarsi con un sistema scolastico completamente rinnovato. Charlotte è…sempre Charlotte, una mamma a tempo pieno che non sa come gestire l’animo ribelle e da “maschiaccio” della figlia Rose, in totale contrapposizione con l’eleganza della primogenita Lily. Nei piani originali il revival doveva essere un mix perfetto tra l’effetto nostalgia e una celebrazione della vita over 50, di una fase dell’esistenza femminile, una nuova maturità. Considerando le premesse, però, il risultato non è esattamente quello sperato. I motivi sono molteplici, primo fra tutti: il disorientamento.
Foto: Ufficio stampa
LEGGI ANCHE > Mrs. Doubtfire 2, non si farà: il regista spiega il motivo di questa decisione
Negli istanti iniziali del primo episodio, lo spettatore si aspetta di ritrovare – sia a livello visivo ma soprattutto sonoro – qualcosa di famigliare che lo ricatapultasse nell’immaginario della serie, innescando tutti i meccanismi vincenti per un pubblico preparato alla nostalgia. Invece, niente sigla, niente voce narrante, solo un “And just like that…” al termine di ogni puntata per suggellare i momenti di massima drammaticità narrativa. Un pilastro che doveva esserci e, la cui mancanza, crea in chi guarda una sensazione non piacevole di smarrimento che, per fortuna, svanisce nel momento in cui appaiono le protagoniste. Il quartetto che diventa terzetto, però, zoppica perché l’assenza dell’istrionica Samantha Jones si sente e la spiegazione data per la sua mancata presenza nella vita delle tre amiche è una sporcatura a tratti irritante (perché evidentemente forzata), ma unica via d’uscita da un empasse narrativo. Nonostante tutto, nel momento più drammatico della vita di Carrie, Samantha trova il modo di far sentire la sua presenza, facendo spuntare un piccolo e spontaneo sorriso.
LEGGI ANCHE > I 10 film più cercati su Google nel 2021: ecco quali sono
And Just Like That recensione: il plot twist che non ti aspetteresti mai
Il colpo di scena improvviso ed eclatante che colpisce le protagoniste è rivelatorio per l’intero sviluppo della storia, perché porta lo spettatore ad abbandonare definitivamente il ricordo di quelle quattro giovani amiche riunite per parlare di sesso e vestiti firmati, per entrare in una nuova fase di consapevolezza che porta con se ben altri argomenti. Infatti il mondo patinato e fashioncentrico svanisce quasi completamente: Carrie, in una scena, deve addirittura portare l’attenzione di Mr. Big (e dello spettatore), in modo del tutto forzato, sulle sue Manolo Blahnik blu, lo storico paio usato al matrimonio, per mantenere viva quella vena di ricordo, altrimenti dimenticata. Perché lo spazio dedicato ai vestiti viene occupato dall’invadente descrizione della modernità con i nuovi personaggi come Che Diaz, stand-up comedian non-binario a cui dà il volto Sara Ramirez, o l’insegnante black interpretata da Karen Pittman. Il racconto del contesto in cui si muovono le protagoniste insieme alla loro nuova fase di vita appare forzato, bisognoso di continue spiegazioni e rimandi a dettagli che perdono così la propria spontaneità. Il pubblico così abituato ad essere trascinato dalla travolgente vita newyorkese si sente una marionetta nelle mani di una sceneggiatura troppo rigida, tutto il contrario di quello a cui eravamo abituati. Di certo “non possiamo rimanere quelle che eravamo” – come sottolinea Miranda – ma in fin dei conti ci si aspettava di ritrovare un trio, più maturo, ma pur sempre divertente e spontaneo.
Foto: Ufficio stampa