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Cesare Prandelli sul suo ritiro dal calcio: “Mi mancava il respiro: mi sentivo vuoto”

Cesare Prandelli si è raccontato in un’intervista del Corriere della Sera dopo il suo improvviso ritiro dal mondo del calcio: ex allenatore della Fiorentina e della Nazionale, Prandelli ha deciso di svelare i motivi del suo addio

di Eleonora Galli | 6 Giugno 2023
Foto: LiveMedia/Matteo Papini

Cesare Prandelli, un nome e una garanzia. Dopo anni da punta di diamante della Juventus come centrocampista e una carriera scintillante iniziata nella Cremonese, l’ex calciatore – come per molti anni – aveva visto il suo futuro nella direzione e nell’allenare i giocatori. È partito così dalla Fiorentina per cinque stagioni per arrivare poi alla tanto agognata Nazionale Italiana. In seguito ha vissuto alcuni anni turbolenti tra inattività e stagioni poco proficue con il Valencia e il Genoa tanto che in entrambi i casi non è stato riconfermato per le stagioni successive. Decide così di tornare alla sua amata Fiorentina, dopo 10 anni dal suo addio ritrovando una squadra cambiata e non riuscendo a infondere la fiducia sperata nei suoi giocatori, cosa che lo portò al ritiro improvviso dopo solo una stagione. Al Corriere Della Sera, Prandelli ha deciso di svelare i motivi del suo improvviso ritiro dalle scene e dal mondo calcistico.

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Cesare Prandelli ritiro: “Avevo bisogno di staccare da quella vita”

Ai tempi, Prandelli aveva comunicato che le cause delle sue dimissioni improvvise erano da ricercare in motivi personali, senza specificare nulla di più né nulla di meno. Nell’intervista l’ex allenatore ha deciso di rivelare in maniera più specifica cosa lo ha portato ad abbandonare la sua amata Fiorentina: “Avevo bisogno di staccare da quella vita frenetica, un po’ schizofrenica. È stato un momento stregato: gli stadi vuoti, una sensazione di solitudine che mi avvolgeva. Era tutto vuoto, tutto rimbombava troppo. Dovevo mettere un muro tra me e quel silenzio. Ora sto molto bene, seguo sempre il calcio, con passione. Ma non ho pensato neanche per un secondo di tornare ad allenare. Basta, fine”.

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Cesare Prandelli oggi: “Non voglio più allenare, qualcosa ancora ma non quello”

Su un possibile ritorno nel mondo del calcio, Prandelli è più che laconico: “Vorrei fare qualcosa ancora ma non l’allenatore. Mi sono reso conto che ero arrivato: generazioni diverse, gestioni diverse, programmi diversi. Ho avuto la sensazione che qualsiasi cosa proponessi ricevevo parole brutte e stavo sul cavolo a tutti. Sono fuori tempo massimo, probabilmente”. Ha aggiunto che il momento esatto in cui si è reso conto per la prima che nel mondo del calcio non c’era più posto per lui è stato durante quella terribile partita dei viola contro la Sampdoria nel 2011: “Mi è mancato il respiro per dieci secondi. Credo di conoscere il sapore dell’adrenalina ma una esperienza così non l’avevo mai provata. Un vuoto nero, un gorgo di nulla. Forse il troppo amore per la Fiorentina, il desiderio di strafare, di portarla fuori dai guai. Ho parlato con le persone che sanno gestire queste situazioni di stress e mi hanno consigliato di staccare un po’”.

Ha poi continuato: “L’ho capito la domenica mattina, la sera avremmo incontrato il Milan. La settimana prima avevamo giocato e vinto a Benevento. Dopo la partita ho detto “Sono stanco, sono vuoto”, pensavo fosse una situazione passeggera. Ma in settimana non era cambiato nulla, tutte le volte che arrivavo agli allenamenti avevo questo senso di disagio. La società mi è stata vicino, i collaboratori anche. Ero io che stavo male, nel profondo. […] Quel giorno ho fatto due passi e ho sentito ancora quel disagio, sempre più forte. Mi sono riseduto e ho detto basta, è la mia ultima partita in panchina”.

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Cesare Prandelli calcio: “Le nuove generazioni hanno un modo diverso di intendere il rapporto con la squadra”

Prandelli ha poi continuato affermando che il problema probabilmente della sua sensazione di disagio verso il mondo del calcio, oltre il troppo amore per la squadra che allenava, è stato anche il ricambio generazionale dei giocatori: “Le nuove generazioni hanno un modo completamente diverso di intendere il rapporto tra singolo e gruppo. Il segreto del calcio è sempre stato quello di formare un gruppo, un gruppo che riesca ad avere lo stesso sentimento e lo stesso obiettivo. Probabilmente le nuove generazioni hanno un modo completamente diverso, non dico che è sbagliato. O ti adatti, ti adegui… Però io ho sempre lavorato basandomi sulle relazioni”.

L’amore per il calcio però è sempre stato forte in Cesare Prandelli tanto che ancora oggi non può star lontano dalla pallone: “Da giocatore mi manca l’allegria del gioco, il divertimento di andare al campo, fare le partite e sfidare gli altri, senza nessun tipo di responsabilità se non quella di far parte di un gruppo. Come allenatore mi mancano certi momenti in cui avverti che i giocatori ti ascoltano, ti seguono, stanno diventando una comunità, allegra e coesa. In quei momenti mi sentivo in pace con me stesso, mi sentivo molto felice di fare quel lavoro”.