Neanche nei più storici romanzi distopici è mai emersa l’ipotesi di una guerra tra potenze, scatenata da un social nato per fare dei balletti. Ma sappiamo che di recente la realtà ha saputo superare anche la più fervida fantasia.
Dietro a TikTok c’è sempre stato molto più di un paio di semplici mosse a tempo di musica e, il boom del social cinese nel mondo, ha reso sempre più urgente la necessità di porre dei limiti in merito alla questione della sicurezza dei dati. Poche ore fa, infatti, la Camera degli USA ha approvato a larga maggioranza la legge che apre la strada al divieto di utilizzare TikTok negli Stati Uniti. Il timore dei legislatori è che i dati degli utenti americani iscritti al social vengano sfruttati dal governo cinese come arma di vantaggio contro l’Occidente – anche se al momento non ci sono prove evidenti a supporto -; motivo per il quale la misura concede sei mesi all’azienda cinese ByteDance per vendere la piattaforma che, altrimenti, sarà bandita dal territorio nazionale.
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Infatti il fulcro della questione risiede non solo nella sicurezza di chi possiede l’applicazione, ma nell’algoritmo del social stesso. La Cina ha emanato alcune norme che sembrano destinate a richiedere la revisione del governo prima che gli algoritmi di ByteDance possano essere concessi in licenza a terzi. Tuttavia è molto improbabile che tali licenze vengano rilasciate; ciò significa che vendere TikTok a un proprietario americano senza il codice sorgente, potrebbe essere “come vendere una Ferrari senza il suo famoso motore” come ha scritto David E. Sanger sul New York Times. Quindi la nuova società con sede in America dovrebbe sviluppare un proprio algoritmo made-in-America. Ma una versione di TikTok senza il suo classico algoritmo potrebbe diventare rapidamente inutile per gli utenti e inutile per gli investitori.
Tiktok USA divieto: il social come arma geopolitica
La guerra a TikTok cela, in modo evidente, un conflitto più grande che vede contrapposti gli Stati Uniti alla Cina, a cui presto potrebbe aggiungersi anche l’Europa. La questione della sicurezza dei dati potrebbe presto varcare i confini del Nord America – negli Stati Uniti sono 170 milioni gli utenti iscritti a TikTok -, in quanto coinvolge in modo univoco tutti gli utenti iscritti al social. Di fatto, dopo la massiccia espansione degli ultimi anni, la presenza di un codice che comprende la mentalità dei consumatori meglio di quanto non possano fare loro stessi in mano alla Cina, ha evidenziato il suo statuto di potente arma geopolitica – un cavallo di Troia high tech come definito nel 2020 da Il Foglio -, delineando inquietanti scenari a lungo termine. Alcune analisi, infatti, hanno avanzato la tesi che la Cina studi i comportamenti delle nuove generazioni europee e americane tramite TikTok, in vista di una possibile guerra tra Cina e Occidente, dove tali generazioni svolgeranno un ruolo chiave.
Come finirà la guerra a Tiktok? Lo zoccolo duro sono gli utenti
Nonostante la minaccia concreta alla sicurezza, la volontà di vietare l’uso di TikTok incontra le resistenze degli utenti iscritti alla piattaforma. Dopo la notizia dell’approvazione del bando al social da parte della Camera negli Stati Uniti, il CEO Shou Zi Chew ha invitato gli utenti americani alla mobilitazione a tutela della piattaforma. “Crediamo di poter superare questa situazione insieme. Proteggi i tuoi diritti costituzionali. Fai sentire la tua voce“, ha detto Shou in un videomessaggio pubblicato su X. Il passaggio chiave nella guerra a TikTok resta dunque vedere il responso del Senato negli USA, dove non è scontato che la legge sarà approvata. Insieme anche alla questione del divieto inserito in una democrazia, come evidenziato lo scorso anno dal segretario al Commercio Gina Raimondo, la quale ha detto che, qualora in un paese democratico – in un anno di elezioni- decida di vietare un’app come TikTok, “il politico che è in me pensa che perderà letteralmente ogni elettore sotto i 35 anni, per sempre”.
La proposta di legge della Camera approvata mercoledì tiene aperta la minaccia di un simile divieto, ma probabilmente non è questo il suo vero intento, bensì cerca di dare agli Stati Uniti una leva per forzare una vendita.