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il caso

Olimpiadi, la stampa italiana è oro in inettitudine

Il titolo di “Repubblica” e l’infelice vicenda con protagonista Benedetta Pilato prima, e il caso della pugile Angela Carini poi, le Olimpiadi di Parigi 2024 hanno palesato i grandi limiti della stampa italiana

di Sara Radegonda | 2 Agosto 2024
Foto: Screenshot RaiPlay

Il medagliere dell’Italia, a una settimana dall’inizio delle Olimpiadi di Parigi, continua a collezionare successi, ma ad appesantire i traguardi degli azzurri ci pensano le sempre più numerose polemiche – pretesto perfetto per trasformarle in slogan politici – e una stampa nostrana che, in quest’occasione, ha palesato i propri pesanti limiti. Tutto è iniziato con la cerimonia inaugurale, bagnata dalla pioggia scrosciante – che non ha risparmiato neanche Mattarella – e quella tavolata della discordia che ha tanto indignato i cattolici e i conversatori, per poi passare all’infuocata polemica per le gare disputate in una Senna non degna del 1,4 miliardi di euro investiti per ripulirla. Ma, alla luce dei recenti eventi, questo era solo l’antipasto di un clima che è andato riscaldandosi…

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Olimpiadi 2024, le “gaffe” della stampa italiana

Ad aprire lo squarcio dell’inettitudine della stampa italiana è stato il titolo di Repubblica che, dopo l’oro alla spada femminile ha preferito scegliere alcuni svilenti appellativi – “l’amica di Diletta Leotta, la musicista, la francese, la veterana” – invece di utilizzare i nomi e cognomi delle atlete. A cui è seguita l’infelice uscita della giornalista Rai di fronte alla felicità di Benedetta Pilato dopo il quarto posto: “Sono felice, questo è il giorno più bello della mia vita” aveva commentato l’atleta al termine della gara, di fronte al quale la giornalista aveva reagito con uno sconcertante “Ma davvero?” riaprendo il dibattito sulla malsana cultura della prestazione contro cui le giovani generazioni combattono quotidianamente. Due episodi che ha acceso un faro sulla stampa nostrana, che ha palesato i propri pesanti limiti non rivelandosi all’altezza.

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Il dibattito sul caso Carini, nato da un errore grave

I casi precedenti, però, sembrano essere un preludio al vero caso di queste Olimpiadi 2024 – almeno fino ad oggi -. Era alle 18:06 del 30 luglio quando il vicepremier italiano, Matteo Salvini, ha aperto il profilo X e ha twittato: “Pugile trans dell’Algeria, bandito dai mondiali di boxe può partecipare alle Olimpiadi e affronterà la nostra Angela Carini“. Salvini faceva riferimento allo scontro tra la pugile italiana e l’atleta algerina intersessuale Khelif, esclusa dai mondiali a causa degli alti livelli di testosterone ma ammessa alle gare olimpiche. Nonostante la decisione del Cio, però, in molti hanno gridato alla gara “impari” – come poi sottolineato da Giorgia Meloni in visita a Casa Italia -, per i tratti androgini dell’atleta algerina, scatenando un dibattito sapientemente sfruttato dalle personalità della politica italiana.

L’insieme di caratteri pubblicati su X hanno acceso un dibattito, le cui conseguenze sono arrivate fino al fatidico incontro durante il quale Angela Carini, dopo un colpo al volto, ha deciso di ritirarsi. Una decisione che in molti hanno pensato avvalorasse la tesi dello scontro non equo tra le due, anche se l’atleta napoletana ha smentito categoricamente tali insinuazioni in un’intervista a La Stampa. A posteriori è innegabile che il dibattito sia nato su un presupposto del tutto errato: infatti “intersessuale” e “transgender” – quest’ultimo utilizzato da Salvini prima e da molta stampa dopo come sinonimi -, hanno significati del tutto differenti, che hanno traghettato la discussione totalmente fuori strada. Di fatto, Khelif è nata biologicamente donna ma con un livello di testosterone sopra la media, motivo dei tratti marcatamente androgini; dettagli che invalido del tutto il dibattito in merito al coinvolgimento degli atleti trans nelle competizioni, in quanto l’atleta algerina non è parte di tale categoria.

Dunque, ciò che emerge dirompente da questi primi giorni di Olimpiadi è una diffusa superficialità e inettitudine della stampa italiana che sembra aver spostato il focus dalla volontà di informare, a quella di far parlare di sé.