Un film sulla sessualità visto dal punto di vista femminile che esplora i bisogni delle donne, anche i più intimi e peculiari. Questo è Babygirl, il film diretto da Halina Reijn, che vede protagonista Romy, interpretata magistralmente da Nicole Kidman. Il film del giorno, nella terza giornata della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Romy è la CEO di una grande azienda di robotica, donna apparentemente di ferro, sicura e consapevole, che instaura con uno degli stagisti della sua azienda, il giovane Samuel (Harris Dickinson), una relazione intima segreta basata su un complesso rapporto di sottomissione consensiente da parte sua che mette in serio pericolo la sua posizione professionale e rischia di rovinare la famiglia e il rapporto con il marito, interpretato da Antonio Banderas.
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Nicole Kidman alla Mostra del Cinema di Venezia, parlando della pellicola, non nasconde che si tratta di un film molto intimo in cui lei si è messa particolarmente in gioco (la si vede nuda in varie scene, ad esempio) “ma non mi sono mai sentita sfruttata per queste scene, anzi sono stata sempre molto protetta”. L’attrice ammette anche: “Sono fiera di aver fatto un film sui bisogni di una donna. Ma è anche un film che parla anche di una crisi esistenziale”.
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Romy cerca di realizzare i suoi desideri sessuali che il marito non riesce né a comprendere né a soddisfare. E, nonostante lei ami suo marito e stia con lui da 19 anni, l’incontro con Samuel crea in Romy fin da subito un senso di attrazione e ricerca del piacere quasi magnetico. Come se Samuel comprendesse le sue voglie più intime, quelle che Romy definisce i suoi “pensieri oscuri” rompendo le stesse barriere linguistiche su quello che tra due persone si può fare e dire, andando oltre i loro ruoli pubblici (lei CEO, lui stagista) e, anzi, invertendo le dinamiche istituzionalmente riconosciute.
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La Kidman ammette che per girare certe scene di sesso ci sono volute molte prove e il giusto feeling, perché non c’è nulla di scontato e di “già visto” in questo film. Lo sforzo, anche nelle narrazioni secondarie (gli amori e le scelte di vita delle figlie di Romy e lo stesso rapporto tra loro e la madre), è quello di proporre il concetto della completa libertà di trovare se stessi, di comprendersi e di essere compresi dagli altri. Di poter gestire dinamiche che spesso sono delicate proprio perché molto intime e personali.
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Il film “Babygirl” si configura, dunque, come un’esplorazione audace e profonda della sessualità femminile, intrecciata con temi di potere, vulnerabilità e ricerca dell’identità. Halina Reijn, attraverso la lente di un thriller psicologico, riesce a portare sul grande schermo un racconto complesso e stratificato, in cui le emozioni più nascoste dei personaggi vengono messe a nudo senza riserve.
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Nicole Kidman, con la sua interpretazione intensa e sfaccettata, conferma ancora una volta la sua straordinaria capacità di dare vita a personaggi profondamente umani e contraddittori. “Babygirl” non è solo un film che parla di desideri e crisi esistenziali, ma anche una riflessione potente sulla libertà di espressione e sull’importanza di confrontarsi con i propri demoni interiori. Una pellicola che, grazie anche alla direzione coraggiosa di Reijn, saprà sicuramente lasciare un segno nel panorama cinematografico contemporaneo.