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il quarto giorno

Le grandi riflessioni sul presente a Venezia 81: tra guerra e estremismi

A Venezia 81, il quarto giorno ha messo al centro le grandi riflessioni sul presente: dalla guerra del film di Gianni Amelio, “Campo di battaglia”, al suprematismo bianco di “The Order”, diretto da Justin Kurzel

di Sara Radegonda | 1 Settembre 2024
Alessandro Borghi nel film di Gianni Amelio, "Campo di battaglia" Foto @labiennale

Il cinema è da sempre indissolubilmente legato al tempo, non solo nella sua essenza di immagine in movimento, ma anche nella capacità di saper raccontare ciò che è stato, ciò che è e immaginare – con la forza evocativa del visivo – ciò che sarà. Questa relazione dialettica che mette in comunicazione gli eventi del passato, con l’obiettivo di ispirare una riflessione sulla contemporaneità, è dimostrata dalla quarta giornata della Mostra del Cinema di Venezia 2024, caratterizzata da un denominatore comune: la guerra. Non per un racconto documentario, non come arma per contrastare i conflitti, ma il cinema come strumento per ispirare riflessioni e dialoghi, per gettare uno sguardo profondo al dramma della contemporaneità.

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I film in concorso della quarta giornata di Festival di Venezia 2024

Un file rouge – non solo metaforico – che lega i film presentati nel corso della quarta giornata di Festival di Venezia. A partire dalla Grande Guerra che fa da sfondo storico al film di Gianni Amelio con Alessandro Borghi, Campo di battaglia, primo film italiano dei cinque in concorso per il Leone d’oro e in sala dal 5 settembre. Liberamente ispirato a La Sfida di Carlo Patriarca, il film – non di guerra, perché essa non si vede ma se ne vedono le conseguenze – è ambientato in un ospedale militare nell’ultimo anno del primo conflitto mondiale, dove alcuni soldati si auto-infliggono le ferite per evitare di tornare al fronte. Ma accade qualcosa di anomalo: i malati sembrano aggravarsi misteriosamente. C’è dunque un sabotatore dentro l’ospedale, dove lavorano Stefano (Gabriel Montesi) e Giulio (Alessandro Borghi), di cui l’infermiera Anna (Federica Rosellini) è la prima a sospettare.

Campo di Battaglia film Venezia
Alessandro Borghi e Federica Rosellini nel film di Gianni Amelio, “Campo di battaglia” Foto @labiennale

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Gianni Amelio: “Campo di battaglia non è un film di guerra”

“Campo di battagli non un film di guerra ma sulla guerra” ha rivelato Gianni Amelio durante la conferenza stampa alla Mostra del Cinema di Venezia. “Questa storia non è un apologo realistico contro la guerra ma utopistico. Tutto va in una sola direzione: le guerre fanno male, le vittime sono soprattutto innocenti, allora utopisticamente per fermarle meglio che non ci siano più braccia per imbracciare fucili. È un paradosso, certo, ma su cui si fonda la morale del film” ha rivelato il regista, di ritorno in concorso al Lido dopo Il signore delle formiche del 2022, ponendo l’accento sulla scelta di non mostrare i morti, “sono usurate queste immagini, ne vediamo troppe, ci sembrano paradossalmente irreali. Tutti i giorni da tutti i fronti, dall’Ucraina, da Gaza e dai gommoni affondati, ci arrivano scene di morti, feriti, bombardamenti e a questa assuefazione terribile io non ci sto”.

Protagonista della pellicola Alessandro Borghi, che in conferenza stampa ha detto di “aver scoperto di nuovo l’amore per il cinema” grazie al modo di Amelio di farlo. “Alla fine di questo lavoro sono più le domande che le risposte. Non si tratta di dire sono contro la guerra, è una ovvietà, lo siamo tutti, qui si va su una sottilissima linea di scelte etiche, di relatività sul giusto e sbagliato, e io stesso mi metto in discussione, non so ma credo che non mi sarei comportato come il mio personaggio” ha detto l’attore, dimagrito 12 kg per interpretare il ruolo di Giulio. Ma il passato che ispira riflessioni sull’oggi è anche il sottofondo dell’altro film, presentato al Lido nella quarta giornata, The Order di Justin Kurzel.

The Order Jude Law
Foto @labiennale

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The Order di Justin Kurzel e la riflessione sugli estremismi

Non è più la Grande Guerra, ma un conflitto ideologico quello al centro del thriller politico di Kurzel, The Order, in cui Jude Law interpreta un agente dell’FBI in guerra contro un gruppo di suprematisti bianchi, realmente esistito negli Stati Uniti negli anni Ottanta, guidati dal leader carismatico Robert Jai (Nicholas Hoult). Una pellicola che non solo sullo stato attuale del Paese a stelle e strisce, alle prese con la campagna presidenziale, ma soprattutto vuole far riflettere sugli estremismi, oggi in preoccupante ascesa. Il film doveva essere fatto perché c’è qualcosa di pertinente al mondo di oggi, su quanto possa essere facile manipolare i deboli. L’America, come altri paesi, è una società divisa. Noi parliamo in The Order di un’ideologia pericolosa e di come possa germinare soprattutto tra persone vulnerabili e sfruttate” ha detto Jude Law, che è anche produttore del film.

Why War di Amos Gitai

Una riflessione obbligata sul dramma di cui siamo quotidianamente partecipi che culmina in un titolo che parla da sé, Why War, dell’israeliano Amos Gitai presentato fuori concorso al Festival di Venezia. In merito al film-saggio che si interroga sulle radici del conflitto israelo-palestinese, il regista ha raccontato a Repubblica le motivazioni che sottendono il progetto: “Due menti Einstein e Freud cercano di andare a fondo sul perché le persone fanno la guerra […] Così ho deciso di farne un film, chiaramente in dialogo con quello che accade intorno a noi. La chiave che ha scelto per il film è la poesia, la musica, perché solo così si possono portare le persone a riflettere su quanto sta accadendo”. Inoltre Gitai ha sottolineato l’importanza della speranza: “Non ottimista riguardo l’attuale situazione, ma bisogna avere speranza. Non c’è alternativa”.