Come dà, lo streaming toglie. Improvvisamente. In modo spietato. Da quando le piattaforme streaming hanno consolidato la propria posizione nel panorama dell’intrattenimento, la cancellazione delle serie tv – anche dopo una sola stagione – è divenuta l’ennesima piaga a cui il pubblico ha dovuto far fronte; tanto che oggi alcuni studi hanno identificato una nuova tendenza negli spettatori: alla subscription fatigue, la stanchezza per i troppi abbonamenti da sostenere, si aggiunge la paura della cancellazione per cui gli spettatori preferirebbero attendere l’uscita di più stagioni prima di intraprendere la visione, per evitare la delusione di un finale aperto che non troverà mai risposta. Un meccanismo marziale di selezione guidato dal grande potere dei numeri.
In questo nuovo mondo il successo non conta più, così come la qualità e l’urgenza narrativa, contano i numeri, declinati in visualizzazioni, ore di streaming e social engagement. Un tesoro inestimabile tenuto segreto dalle piattaforme proprietarie come l’anello per Smeagol, che decidono di azionare la ghigliottina sulla testa di creatori ignari. Come dimostra il caso di Prisma, il teen drama pioniere del trattare il tema queer firmato Prime Video che, dopo seconda stagione conclusasi con un cliffhanger mozzafiato, è stato cancellato dalla piattaforma.
Prisma, la GenZ spiegata agli adulti: la recensione
Prisma cancellata da Prime Video: l’annuncio del creatore
Ad annunciare il triste destino dello show, che raccontava la storia di due gemelli Andrea e Marco (interpretati da Mattia Carrano) in un viaggio intimo e sincero tra le sfumature, come quelle del prisma, che compongono la luce della generazione Z, è stato Ludovico Bessegato (creatore di Skam Italia) che ha scritto la serie insieme a Alice Urciuolo. Con un lungo video pubblicato su Instagram, il creatore non ha nascosto il disappunto per la decisione della piattaforma streaming, affermando di essere sicuro del successo avuto dalla seconda stagione e, dunque, di non riuscire a dare una spiegazione concreta alla cancellazione: “Probabilmente sì, è andata bene, ma non è andata abbastanza bene da giustificare il costo di un rinnovo” ha dichiarato ammettendo poi che “la sensazione è che siano cambiate proprio le policy delle piattaforme negli ultimi due anni” ha esordito Bessegato.
Tuttavia il rammarico maggiore resta la sfumata possibilità di approfondire un tema importante, come quello della scoperta della propria identità sessuale – con un occhio di riguardo al tema queer -, frutto di un profondo lavoro di studio e confronto con la nuova generazione Z: “Una serie che che parla di argomenti che di solito non trovano spazio in altri prodotti” ha sottolineato il creatore. Di fronte alla cancellazione della terza stagione di Prisma sono scesi in campo gli spettatori…
La petizione social per salvare Prisma
Così come il pubblico ha dimostrato di poter esercitare un importante potere, dando seconde stagioni a serie tv nate per essere autoconclusive, gli spettatori hanno avviato una petizione, accompagnata dall’hashtag #SavePrismaLaSerie, su Change.org per chiedere il proseguo della produzione: “Chiediamo ad Amazon Prime Video di rinnovare Prisma per una terza stagione, affinché possa continuare a fare la differenza e a sfidare gli stereotipi, educando il pubblico su importanti questioni sociali e sulla comunità LGTBQIA+, che altre serie TV evitano“, si legge nell’appello.
Prime Video e il cambio di rotta
La decisione di cancellare Prisma è, dunque, l’ennesima prova di un cambio di rotta intrapreso da Prime Video, che intende investire in prodotti di piglio generalista invece di privilegiare le nicchie. A detta di Ludovico Bessegato, infatti, la piattaforma privilegia alcuni copioni stereotipati rispetto all'”autenticità” di storie che profumano di urgente contemporaneità. Inoltre le piattaforme, in generale, non sembrano più disposte a fornire ai prodotti seriali il tempo endemico necessario per arrivare al pubblico; un tempo che oggi si è dilatato considerando la notevole mole di contenuti disponibili nelle diverse piattaforme. “Per alcune serie ci vuole tempo” ha sottolineato Bessegato, ricordando il caso di Skam Italia (di cui Bessegato era creatore), cancellato dopo tre stagioni e poi ripreso da Netflix con una seconda vita ricca di successo. Una deriva generalista già iniziata da Netflix, che privilegia contenuti sempre più di largo respiro e racconto basati su sterili cliché – come Emily in Paris -, che sembra destinata ad imporsi sempre di più.