Plasmare il futuro con la forza della immagini. Quella stessa magia, propria del cinema, che non solo non conosce confine, ma soprattutto permette di dare forma a un domani ideale, creando “l’illusione di un’esistenza migliore” facilitato dal buio di una sala. Oggi, nonostante l’assenza di luce non sia più condizione necessaria, lo spettacolo del cinema – e delle sue declinazioni – conserva comunque la potenza di un luogo in cui poter trasformare in immagini, l’idea di futuro. E la capacità del cinema e delle serie tv di anticipare e prevedere ciò che sarà fa sentire il proprio peso in queste ore, che precedono gli esiti della corsa di Kamala Harris e Donald Trump alla Casa Bianca. Di fatto la curiosità si apre non solo alla consultazione ossessiva dei sondaggi, ma anche all’immagine degli scenari possibili, tra cui emerge dirompente quello della possibile elezione della prima presidente donna.
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Serie tv presidente USA donna
Se nel quadro storico la prospettiva di una prima presidente rappresenta un punto di svolta epocale nella lotta all’emancipazione femminile (e non solo), nel mondo del cinema e della serialità l’ipotesi è stata vagliata in diverse occasioni – da Don’t Look Up di Adam McKay a House of Cards -, regalando ritratti differenti di donne al potere. Dalle presidenti capaci e risolute a quelle disegnate – cavalcando certi cliché – come inette e incompetenti, in generale nell’idea di una presidente degli Stati Uniti donna si indaga un denigratorio comun denominatore: nella maggior parte dei casi, infatti, la narrazione vuole che la donna alla guida del Paese a stelle e strisce riesca a giungere al potere non per merito o per elezione del popolo, quanto più in sostituzione ai mariti o per sotterfugi.
Come accaduto in Quantico all’ex agente Fbi, senatrice e vicepresidente, che diventa POTUS quando il presidente lascia; in Prison Break quando la vicepresidente Caroline Reynolds (Patricia Wettig) diventa leader dopo un omicidio; ma soprattutto Claire Underwood (Robin Wright), la moglie dello spietato Francis Underwood (Kevin Spacey) protagonista di House of Cards, la serie che ha consacrato Netflix (e lo streaming).
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Claire Underwood in House of Cards
Alle prime battute della realizzazione della sesta stagione di House of Cards, il destino della serie è stato messo a repentaglio dalle accuse di molestie sessuali rivolte a Kevin Spacey, le quali hanno causato il licenziamento dell’attore protagonista e la necessità di riscrivere gli episodi. Tuttavia già nella quinta stagione Frank Underwood aveva già fatto entrare la moglie nello Studio Ovale, nominandola vicepresidente e poi dimettendosi in modo che lei potesse prendere il suo posto e graziarlo per i suoi crimini. Pertanto con la presidenza di Claire Underwood già stabilita, la serie ha optato per l'”eliminazione” di Frank regalando alla Wright il ruolo di protagonista della sesta e ultima stagione.
In merito al ruolo di presidente donna degli Stati Uniti di Claire Underwood – ottenuto grazie a un gioco di potere del marito -, Robin Wright ha rivelato di avere un unico rimpianto: sebbene sia stata felice di vedere il suo personaggio nella posizione di massimo potere, avrebbe voluto che il successo di Claire fosse stato raggiunto con mezzi diversi dalla menzogna, dall’imbroglio e dall’omicidio. L’attrice in un’apparizione a Couch Surfing di PeopleTV nel 2021 ha spiegato: “È stato un onore chiudere la serie [come regista]. Avrei voluto che fosse stata nominata Presidente legittimamente. Sarebbe stato un bell’avvertimento da mettere in giro per il mondo per dire: “Vedete? È possibile”.
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Meryl Streep in Don’t Look Up di Adam McKay
Nella storia della filmografia moderna, a vestire i panni di presidenti donne sono state grandi star del grande schermo: dal recente ruolo di Uma Thurman nei pani della presidentessa Ellen Claremont in Rosso, bianco & sangue blu (Red, White & Royal Blue) di Matthew Lopez, a quello di Meryl Streep in Don’t Look Up, la satira politica firmata Adam McKay. La neo premiata a Cannes con la Palma d’oro alla carriera ha vestito i panni della presidente USA Janie Orlean, di cui viene offerto un ritratto che oscilla tra l’eclettico e il ridicolo: infatti ella prima rifiuta di preoccuparsi della cometa in rotta di collisione con la Terra, relegando al silenzio l’allarme degli scienziati, per poi cercare di sfruttare la situazione a suo vantaggio.
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Ad aver vestito gli iconici panni anche Charlize Theron nel film Non succede, ma se succede… (Long Shot) del 2019, diretto da Jonathan Levine, in cui interpreta Charlotte Field, la segretaria di Stato che decide di correre per Casa Bianca, aggiudicandosi lo Studio Ovale. Ruoli visti sul grande schermo che hanno influenzato anche la serialità contemporanea.
Le presidenti donne nelle serie tv: da Scandal a Homeland
Oltre all’iconico ruolo di Robin Wright in House of Cards, a diventare presidente degli Stati Uniti in Scandal, la serie politica prodotta da Shonda Rhimes – una delle sostenitrici della candidatura di Kamala Harris alla presidenza – è Mellie Grant (Bellamy Young). Prima First Lady – è l’ex moglie dell’ex presidente Friztgerald Grant III -, senatrice e poi candidata alla Casa Bianca, Mellie nelle ultime stagioni perde le presidenziali ma l’altro candidato viene ucciso in un attentato, aprendole l’accesso allo Studio Ovale, affiancata dalla protagonista Olivia Pope (Kerry Washington), suo capo del suo staff.
Una narrazione destinata a cambiare?
Un ruolo, quella della presidente degli Stati Uniti, che è stato motivo di orgoglio per le attrici che lo hanno interpretato: “È un grande onore interpretare una presidente donna” aveva dichiarato Elizabeth Marvel dopo aver vestito i panni di Elizabeth Keane nella serie tv Homeland, trasmessa dal 2011 al 2020. Così come Mellie Grant, dopo essere stata senatrice Elizabeth viene eletta presidente al termine della sesta stagione. Di fatto, i casi nella filmografia e serialità che vedono l’elezione di una presidente donna sono molteplici, tuttavia nella maggior parte dei casi la mancanza di merito obiettivo e l’idea di una vittoria rubata la fanno da padrona, evidenziando una sfiducia sottesa nella scrittura dei personaggi – che poi, effettivamente, rappresenta la trasposizione del sentiment comune.
Ciononostante, la corsa alla presidenza degli Stati Uniti di Kamala Harris – che ha ricevuto endorsement dalle grandi donne della comunità americana e dello spettacolo – ha concretizzato nuovamente la possibilità di una presidente degli Stati Uniti (dopo la sconfitta di Hillary Clinton nel 2016). Pertanto vista la portata rivoluzionaria di questa campagna elettorale, si auspica un’apertura e un’innovazione della narrazione nei prodotti audiovisivi, legata a un’eventuale ingresso della prima donna nello Studio Ovale.