Chiara Ferragni è tornata a parlare in pubblico, questa volta a Lisbona, all’ICON – International Conference about Influence, dove ha tenuto un talk dal titolo altisonante: “Da influencer a imprenditrice: creare un impero sull’autenticità”. Un titolo che, alla luce delle recenti vicende legali e sentimentali, suona un po’ come una barzelletta involontaria.
Ferragni, che oggi ha 38 anni e 28,4 milioni di follower su Instagram, ha raccontato la sua evoluzione da fashion blogger a CEO, passando per l’immancabile elogio dell’istinto e della passione autentica. Ma nel 2025, parlare di autenticità senza arrossire – dopo una multa da un milione di euro per pubblicità ingannevole e un processo per truffa aggravata in arrivo – richiede un talento comunicativo davvero fuori dal comune. E Chiara, a modo suo, ce l’ha sempre avuto.
Da “The Blonde Salad” al pandoro-gate: la crisi della narrazione autentica
Durante il suo intervento, Ferragni ha parlato di libertà creativa, del legame con la sua community e dell’inizio del suo percorso. “Per tutta la vita ho desiderato trovare la mia identità e, non avendo un gruppo a cui appartenere, ho iniziato a guardare la piattaforma social Punto Zero online, dove pubblicavo le mie foto”, ha raccontato, rievocando l’epoca pre-Instagram.
Poi la nascita del blog, The Blonde Salad: “Adoravo la sensazione di scattare foto e condividere una parte della mia vita con le persone che amavo e che erano importanti per me”. E ancora: “Ciò che mi distingueva dalle altre era il fatto che non lo facevo per fama o soldi. Alla fine è successo, ma tutto ciò che facevo era perché volevo condividere la mia vita con gli altri”.
Un racconto lineare, emozionale, ma che sorvola volutamente sui passaggi più recenti. Nessuna menzione allo scandalo pandoro, alla sanzione, alla perdita di contratti. Solo un’allusione: “Ho commesso errori quando ho lasciato che le persone mi convincessero a fare qualcosa”.
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Chiara Ferragni a ICON Lisbona: tra storytelling e outfit di lusso
A Lisbona, Ferragni si è presentata con un look firmato Roland Mouret: abito midi bianco e nero da oltre 1.600 euro, cinturina pitonata e sling-back nere. Un’immagine impeccabile, che stride con il concetto di autenticità “grezza” evocato nel suo discorso. “Sanno che è un business e non sono obbligati ad acquistare ogni prodotto che promuovo”, ha detto, cercando di normalizzare la sua attività commerciale. Ma l’effetto è sembrato più difensivo che sincero.
Nel suo messaggio finale ai creator, ha lanciato un’esortazione: “Non abbiate paura e non pensate che sia imbarazzante. Mostrate le vostre emozioni, mostrate chi siete e non vergognatevi”. Parole che suonano bene, ma che si scontrano con l’immagine super curata e filtrata che da anni la contraddistingue.
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Finanza e brand: l’aumento di capitale per salvare Fenice
Chiara Ferragni e i suoi soci si sono riuniti per definire il futuro di Fenice Srl, la società che detiene i marchi e gestisce le sue attività. Dopo perdite per oltre 10,2 milioni di euro tra il 2023 e il 2024, è stato deliberato un aumento di capitale da 6,4 milioni per garantire continuità e rilancio.
“Presto molta attenzione al feedback del mio pubblico, ma se qualcosa mi piace, ci provo”, ha detto a Lisbona. Ecco, forse anche il rilancio del brand segue questa logica: fare ciò che piace (agli investitori), purché funzioni.
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Conclusione: autenticità 2.0 o storytelling preconfezionato?
Chiara Ferragni continua a essere una delle protagoniste assolute della scena digitale. Ma a ogni nuova apparizione pubblica, il messaggio si fa più levigato, più studiato. A Lisbona ha parlato di emozioni, spontaneità, visione. Ma ha lasciato fuori i fatti, quelli veri.
Se “ogni crisi è un’opportunità”, come dice lei, questa sarà la sua sfida più complessa: dimostrare che dietro lo storytelling sopravvive un’imprenditrice credibile.
Perché, a quanto pare, anche la trasparenza – come i pandori – si può impacchettare bene.