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Negramaro 2.0: il nuovo atto della band

Il ritorno del chitarrista Lele Spedicato Il ritorno di uno dei membri dei Negramaro, Lele Spedicato, dopo un periodo difficile, ha fornito le premesse per una rinascita della band.  Il chitarrista è stato colpito lo scorso 17 settembre da una devastante emorragia cerebrale che lo ha mandato in come, nel buio; il loro tour stava […]

di Redazione di Rumors.it | 29 Gennaio 2019
Foto: Pietro Pappalardo

Il ritorno del chitarrista Lele Spedicato

Il ritorno di uno dei membri dei Negramaro, Lele Spedicato, dopo un periodo difficile, ha fornito le premesse per una rinascita della band.  Il chitarrista è stato colpito lo scorso 17 settembre da una devastante emorragia cerebrale che lo ha mandato in come, nel buio; il loro tour stava per essere annullato ma poi…la ripresa.

“Se Lele non fosse tornato dal buio avrei smesso di cantare, perché tutto è nato quando lui era solo un ragazzo e aveva negli occhi una luce, una fame e una voglia che non ho più rivisto in nessun altro. Senza Lele non avrei più continuato a stare su un palco, semplicemente perché una storia come la nostra, in Italia, non esiste”. Quel ritorno dal buio c’è stato, e così Giuliano Sangiorgi a nome di tutti i Negramaro può raccontare il nuovo atto della band. E nel ritorno del chitarrista del gruppo, c’entrano, secondo Sangiorgi, soprattutto i sentimenti: “Io avrei voluto annullare il tour, ma per fortuna non l’abbiamo fatto. Perché Andro (Andrea Mariano, tastierista) ha detto: “Non cancelliamo il tour, a Lele bisogna dare una botta di vita. Se torna e si sveglia, deve avere la possibilità di crederci”. Era certo che, se Lele avesse saputo del cancellamento, si sarebbe accasciato su se stesso e la ripresa avrebbe avuto un decorso lunghissimo. Aveva ragione. Il tour alla fine lo abbiamo solo rimandato e Lele si è dimostrato un leone. Ha compiuto un miracolo. Ha abbracciato suo figlio (Ianko, avuto a metà novembre dalla moglie Clio). Ha creduto nel sogno”.

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Foto: Instagram

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La partenza del tour rimandato, con parecchie date già sold out, avviene a Rimini il 14 febbraio, debutto seguito il 15 dall’uscita di “Cosa c’è dall’altra parte”, un brano scritto da Sangiorgi proprio per Lele. “È una preghiera laica e una bestemmia religiosissima”, spiega nell’intervista a Vanity Fair, che dedica loro la copertina del numero in edicola da mercoledì 30 gennaio, con un servizio fotografico di cui è protagonista proprio Lele Spedicato. “Non volevamo neanche pubblicarla, ma solo regalarla a tutte le persone che ci sono state vicine. Lele ha sentito l’esplosione collettiva, ha avvertito l’affetto. Si è ripreso così in fretta, credo, soprattutto per quello”. Nel video, online dal 16 febbraio, si vede un abbraccio tra Lele e Giuliano, “Non era preparato. Lele è sempre stato l’indiano del gruppo, il saggio della compagnia. Stavo suonando il pezzo piano e voce e non mi ero neanche accorto fosse sul set. È arrivato alle spalle, mi ha abbracciato, ci siamo commossi. Il vecchio Lele sarebbe stato fermo senza fiatare per non perdere la magia, ne ho scoperto uno nuovo, ancora più grande di ieri”.

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In un periodo di polemiche sui valori della musica, Giuliano Sangiorgi dice “Il primo disco che ho comprato in vita mia era un disco rap. Il rap è una filastrocca per bambini, è metrica ancestrale, è istinto primordiale. Riempirlo solo di ‘bella figa, bella fra, bella storia’, di Lamborghini, denti d’oro, scarpe da duemila euro da indossare come status altrimenti sei un coglione e soldi da guadagnare come motore unico dell’esistenza, come se fossimo nel Bronx e non a Segrate, come se quella rabbia fosse autentica e sapesse di riscatto e non risultasse solo uno scimmiottamento grottesco costruito a tavolino, è deludente. E lo stesso, per altri versi, potrei dire di un certo indie in cui sono tutti o quasi lazzaroni, brutti, sporchi, cattivi e sovversivi e finiscono per rivelarsi imitazioni pedisseque di Rino Gaetano. Tra indie e trap, penso a Salmo e Calcutta ad esempio, ci sono grandi talenti. Altri invece potrebbero rischiare, mettersi in gioco, fare uno sforzo. Penso che quelle strofe dovrebbero essere riempite da una lingua come la nostra con una musicalità che non ha niente da invidiare a quella inglese. Portiamoli a livelli più alti il rap e l’indie, rendiamoli veramente nostri. Non ci rifacciamo a esempi che con noi hanno pochissimo per non dire niente a che fare, non citiamo Instagram, Facebook o il dettaglio di Google del giorno prima perché fra tre anni non ce ne importerà nulla. La musica deve provare a durare e ad evadere dai propri limiti. È quando credi che nessun contenuto possa andare oltre i tuoi confini che un popolo inizia a chiudersi”.

Foto: Vanity Fair