Una storia estrema di riscatto
Dogman, il nuovo film di Matteo Garrone presentato al Festival di Cannes, dove ha ottenuto dieci minuti di applausi, e distribuito nelle sale italiane, è ambientato in una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere quella del più forte.
Marcello (Marcello Fonte) è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlia Alida (Alida Baldari Calabria), e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino (Edoardo Pesce), un ex pugile che terrorizza l’intero quartiere. Dopo l’ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall’esito inaspettato.
I 40 anni di Grease: John Travolta festeggia a Cannes |LEGGI
Russell Crowe, il Gladiatore torna al Colosseo |LEGGI
Il film, come riferisce il regista, “nasce da una suggestione visiva, un’immagine: quella di alcuni cani, chiusi in gabbia, che assistono come testimoni all’esplodere della bestialità umane: un’immagine che risale a oltre dieci anni fa, quando per la prima volta il regista ha pensato di girare questo film”.
Dogman secondo Matteo Garrone “non è soltanto un film di vendetta, anche se la vendetta (ma meglio sarebbe chiamarla riscatto) gioca un ruolo importante, così come non è soltanto una variazione sul tema (eterno) della lotta tra il debole e il forte. È invece un film che, seppure attraverso una storia “estrema”, ci mette di fronte a qualcosa che ci riguarda tutti: le conseguenze delle scelte che facciamo quotidianamente per sopravvivere, dei sì che diciamo e che ci portano a non poter più dire di no, dello scarto tra chi siamo e chi pensiamo di essere”.
Leonardo DiCaprio con la nuova fidanzata per le strade di New York |LEGGI
Il film è liberamente ispirato al truculento fatto di cronaca nota come la storia del canaro, ma quello che interessa a Matteo Garrone è raccontare l’uomo: “Un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se stesso, ma anche il proprio quartiere e forse persino il mondo. Che invece rimane sempre uguale, e quasi indifferente”.