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Dogman, Matteo Garrone scava nell’anima nera degli uomini

Una storia estrema di riscatto Dogman, il nuovo film di Matteo Garrone presentato al Festival di Cannes, dove ha ottenuto dieci minuti di applausi, e distribuito nelle sale italiane, è ambientato in una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere quella del più forte. Marcello (Marcello Fonte) è un uomo piccolo […]

di Ruggero Biamonti | 20 Maggio 2018
Dogman / Foto: ufficio stampa

Una storia estrema di riscatto

Dogman, il nuovo film di Matteo Garrone presentato al Festival di Cannes, dove ha ottenuto dieci minuti di applausi, e distribuito nelle sale italiane, è ambientato in una periferia sospesa tra metropoli e natura selvaggia, dove l’unica legge sembra essere quella del più forte.

Marcello (Marcello Fonte) è un uomo piccolo e mite che divide le sue giornate tra il lavoro nel suo modesto salone di toelettatura per cani, l’amore per la figlia Alida (Alida Baldari Calabria), e un ambiguo rapporto di sudditanza con Simoncino (Edoardo Pesce), un ex pugile che terrorizza l’intero quartiere. Dopo l’ennesima sopraffazione, deciso a riaffermare la propria dignità, Marcello immaginerà una vendetta dall’esito inaspettato.

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Dogman-Matteo Garrone al Festival de Cannes

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Il film, come riferisce il regista, “nasce da una suggestione visiva, un’immagine: quella di alcuni cani, chiusi in gabbia, che assistono come testimoni all’esplodere della bestialità umane: un’immagine che risale a oltre dieci anni fa, quando per la prima volta il regista ha pensato di girare questo film”. 

Dogman secondo Matteo Garrone “non è soltanto un film di vendetta, anche se la vendetta (ma meglio sarebbe chiamarla riscatto) gioca un ruolo importante, così come non è soltanto una variazione sul tema (eterno) della lotta tra il debole e il forte. È invece un film che, seppure attraverso una storia “estrema”, ci mette di fronte a qualcosa che ci riguarda tutti: le conseguenze delle scelte che facciamo quotidianamente per sopravvivere, dei sì che diciamo e che ci portano a non poter più dire di no, dello scarto tra chi siamo e chi pensiamo di essere”.

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Il film è liberamente ispirato al truculento fatto di cronaca nota come la storia del canaro, ma quello che interessa a Matteo Garrone è raccontare l’uomo: “Un uomo che, nel tentativo di riscattarsi dopo una vita di umiliazioni, si illude di aver liberato non solo se stesso, ma anche il proprio quartiere e forse persino il mondo. Che invece rimane sempre uguale, e quasi indifferente”.