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Carlo Verdone strega il pubblico del Vanity Fair Stories

Risate ma anche commozione durante il discorso dell’attore e regista E’ un Carlo Verdone divertente, commovente e intenso quello ospite della prima giornata del Vanity Fair Stories, il primo Festival di Vanity Fair. Il regista, attore e sceneggiatore, che dal 1980 ad oggi ha scritto, diretto e interpretato 26 pellicole, strega il pubblico con i suoi aneddoti e racconti: […]

di Ruggero Biamonti | 26 Novembre 2018
Foto: Ufficio Stampa

Risate ma anche commozione durante il discorso dell’attore e regista

E’ un Carlo Verdone divertente, commovente e intenso quello ospite della prima giornata del Vanity Fair Stories, il primo Festival di Vanity Fair. Il regista, attore e sceneggiatore, che dal 1980 ad oggi ha scritto, diretto e interpretato 26 pellicole, strega il pubblico con i suoi aneddoti e racconti: “Il dettaglio è sempre stato molto importante nei miei film”, dice. E questa sua attenzione al dettaglio è forse figlia di una timidezza iniziale: “Ero sicuramente un ragazzo molto sensibile, già pronto ad assorbire le cose divertenti, ironiche ma anche drammatiche della vita”, racconta. Poi confessa: “Io di mio ero sempre stato un ragazzo molto timido, l’ultimo mestiere che avrei pensato di fare era quello d’attore. Mi sentivo inadeguato ad affrontare il grande pubblico, ad affrontare la critica, poi la vita ha scelto per me. Questo potenziale che mia madre aveva intercettato poi è uscito alla grande”.

L’attore parla poi della sua famiglia: “La mia casa era un matriarcato – dice -. Questo matriarcato mi ha aiutato molto, c’era mia madre, mia zia Lina, una figura misteriosa che non abbiamo mai ben capito chi fosse e perché dovevamo chiamarla zia, una signora ricca di Vicenza, molto amica di mia nonna. Poi ci potevamo permettere la bellezza di tre domestiche. Eravamo in tanti, a casa c’era anche mio zio stile Dolce Vita che c’aveva una storia con una domestica. C’erano una cameriera e due tate, Zelinda a cui ho rubato l’occhio bacucco e Angelica: loro sono state le mie prime grandi sceneggiature della nostra fantasia. Con le loro favole raccontate all’istante che parlavano di streghe e di maghi ci incantavano”.

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Foto: Youtube

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I racconti del grande regista fanno scattare risate incontenibili e applausi a scena aperta, ma anche momenti profondi, come quando racconta la prima volta che è stato depresso: “Avevo sei anni e dopo la morte di zia Lina ho passato sei mesi in cui mi nascondevo ed ero diventato molto triste. Forse per questo mi è sempre rimasta quella vena sempre un po’ malinconica che ricorre in tutti i miei film”.

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Poi si ritorna a ridere, con i racconti dei viaggi insieme al padre nei Paesi dell’Est: “Mio padre andava sempre nei paesi dell’Est perché era un bravissimo professore e veniva invitato, ma un giorno un mio amico mi disse: ‘Non è che una spia?’. E lì un po’ mi preoccupai. Una volta eravamo a Praga e io presi dalla mia stanza di hotel una bandierina russa come trofeo. A un certo punto, fuori dall’albergo, un signore che sembrava uscito da Intrigo a Stoccolma mi fa: ‘Open the bagage’. Io apro ed esce la bandiera. Mio padre, sconvolto, mi dice: ‘Ma che hai rubato la bandiera?’ e mi prende a schiaffi davanti a lui”. Una delle tante scene che poi compariranno nei suoi film, come quelle prese da un viaggio in Polonia con gli amici da ragazzo per andare a rimorchiare o come i tanti personaggi intercettati nel bar sotto casa, “dove la sera passavano tutti, da Pasolini a Sergio Tofano”.