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Se un viaggio a Ibiza diventa un “atto politico”: Giorgia Soleri, ma che cavolo dici?

L’influencer, fresca di Pechino Express, ha condiviso alcune foto di un suo recente viaggio ad Ibiza: il messaggio trasmesso è che il riposo, in questo caso, sia un atto politico. Ma davvero?

di Beatrice Anfossi | 8 Maggio 2023
Foto: Instagram @giorgiasoleri_

Esiste la malsana convinzione, in un’epoca di molte parole e pochi fatti, che ci si debba sempre, in qualche modo, schierare. Esiste la malsana convinzione, in un’epoca di attivisti passivo-digitali, che per mandare un messaggio sia sufficiente scriverlo, nero su bianco, sotto a una foto in bikini qualsiasi. Esiste la malsana convinzione, in un’epoca schiava del dover comunicare pur non avendo nulla da dire, che ci si debba continuamente giustificare: come se si interpretasse un personaggio, vincolato a un copione da rispettare.

A quanto pare, un viaggio ad Ibiza può diventare un atto politico di ribellione a un sistema capitalistico-oppressivo. Cavolo, averlo saputo prima. A rivelarcelo è Giorgia Soleri, conosciuta suo malgrado come la fidanzata di Damiano dei Maneskin. Una social-attivista (in cui social sta per social network, se vi fosse per un momento balenata l’ipotesi di un’accezione minimamente politica) che si professa femminista, paladina LGBTQ+ e portavoce di persone con disabilità.

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Sì perché Giorgia Soleri è diventata nota al grande pubblico – oltre che come fidanzata di Damiano dei Maneskin (un evidente elemento di enorme svantaggio) – per il suo sforzo a favore del riconoscimento ufficiale di vulvodinia ed endometriosi, di cui lei soffre, come malattie. L’aspetto più triste di questa vicenda, appunto, è che la sua è nata come una battaglia più che legittima, sacrosanta. Come lo è quella per l’affermazione dei diritti di chi si sente minacciato, ignorato, non tutelato. Ma come ogni messaggio progressivo del nuovo millennio che si rispetti, la sua originaria forza propulsiva ha finito per incanalarsi in un mix letale di completini Oceans Apart e peli solo alle ascelle come strumento di affermazione femminista. Si può essere attiviste e influencer? Forse no. Perché è vero che spesso la società finisce imbrigliata in un sistema retorico generato da politici poco lungimiranti, ma è vero anche che rimane vittima della superficialità dei messaggi veicolati.

L’Italia vive ormai da anni in uno stato di stagnazione economica e sociale preoccupante: i salari non crescono, il precariato imperversa, mentre giovani non addestrati alla vita cercano di farsi largo in un mondo costruito a immagine e somiglianza di chi li ha preceduti, e poi lasciato cadere in brandelli. Tutto questo nella società della performance, generata non tanto dalla sete di ricchezza ma dall’ossessione dell’apparire per sancire la propria esistenza. A questo tema si ricollega Giorgia Soleri con il suo post, foriero di innumerevoli (e sacrosante) polemiche. La Soleri, infatti, scrive:

In una società che ritiene la performance, l’iperproduttività e il sacrificio dei propri desideri per aderire a standard inumani dei valori da sfoggiare, il riposo è un atto politico. Ancor di più quando a praticarlo sono corpi non conformi, disabili, queer. Il privilegio necessario a potersi permettere di provare a vivere, anche solo ogni tanto, seguendo i ritmi di cui il proprio sé ha bisogno, continua ad essere un’ingiustizia che dovremmo combattere. Per un mondo più a misura di essere umano.

In queste quattro righe si dice tutto e, proprio per questo, non si dice niente. Il riposo è un atto politico. Lo è davvero? Sicuramente, non quello ostentato su Instagram e frutto evidente del privilegio. Gli standard inumani dei valori da sfoggiare. Quali sono questi valori da sfoggiare? La ricchezza, la popolarità, i vantaggi dell’esposizione mediatica: un ritratto perfetto del mestiere di influencer, in cui Giorgia Soleri si è calata con tutte le scarpe. Corpi non conformi, disabili, queer. Ed è qui che si raggiunge l’apice della vuota retorica, l’uso pretestuoso di categorie realmente svantaggiate: in quale misura il riposo di una persona che si professa non conforme dovrebbe avere un valore maggiore di quello di una persona qualsiasi? Sembra quasi che ormai mettere in mezzo questioni di genere e inclusività sia diventato la conditio sine qua non per esprimersi, finendo per sminuire il dibattito, che inevitabilmente si svuota di significato.

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Qual è, dunque, la soluzione? È pur vero che le battaglie per i diritti non sono mai state condotte in silenzio. Inoltre, quando si ha una platea di 700 mila persone che hanno deciso di seguirti, è facile convincersi che quello che si ha da dire possa davvero fare la differenza. Il fatto è che ognuno di noi, con il suo pubblico più o meno ampio, può e deve diventare testimone di un messaggio. Il proprio messaggio. Non universale, non illuminato, a volte neppure significativo. Come le foto di un viaggio ad Ibiza, che rappresentano – semplicemente – un viaggio ad Ibiza.

 

 

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