La riconoscibilità, croce e delizia dell’arte. Per un’artista il momento in cui la sua chiave espressiva diventa immediatamente riconoscibile al pubblico, si scatena in egli un’ossimorica reazione: da un lato ci sono il compiacimento e la soddisfazione perché il proprio stile – e intento – hanno raggiunto l’obiettivo ultimo di essere colto e raccolto; dall’altro però, quando le proprie opere diventano riconoscibili, dando vita ad uno stile che spesso porta anche il proprio nome, la gloria momentanea si sdoppia rivelando un lato oscuro, dove a dominare è il rischio di rimanere prigionieri di se stessi. Di preferire la coerenza alla sperimentazione, la natura all’ignoto. Ed è tale gioco di luci e ombre vorticosamente complesso che, oggi, domina feroce il cinema di Wes Anderson.
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Wes Anderson corti Netflix in una sublimazione dell’anima wesandersoniana
Nel corso degli anni Wes Anderson ha messo a punto uno stile preciso fatto dalla caratteristica palette cromatica, composta da colori pastello dal richiamo retrò (così caratteristica da essere divenuta virale sui social grazie ad alcuni preset che riproducono proprio l’iconico stile); dall’impronta meta-narrativa che permea le sue storie le quali, esattamente come una spirale, si ripiegano su loro stesse dando vita ad un infinito gioco di scatole cinesi; e dall’atmosfera surreale, astratta, a tratti favolistica che racchiude il continuo tributo all’infanzia – da sempre caro al regista. Tutte peculiarità che si ritrovano nei quattro cortometraggi di Anderson, ispirati fedelmente ai racconti dello scrittore Roal Dahl (e disponibili su Netflix), i quali toccano note alte, preziose, e ne sublimano lo stile. Quattro cortometraggi inaspettatamente coinvolgenti e disturbanti, in cui le meschinità dell’essere umano vengono confezionate con la carta colorata – che ne espandono brutalmente la potenza -, lasciando al pubblico un’eredità angosciante.
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La meravigliosa vita di Henry Sugar apre all’indagine del rapporto tra uomo e animale
Quattro racconti brevi che prendono vita, letteralmente si animano, attraverso le performance degli attori feticcio del regista – Benedict Cumberbatch, Rupert Friend, Ralph Fiennes, Dev Patel recitano parola per parola i racconti di Dahl – in un passaggio da medium scritto ad audiovisivo dall’incredibile potere suggestivo. Si inizia dalla Meravigliosa vita di Henry Sugar – il cortometraggio di maggiore impatto, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2023 – in cui Benedict Cumberbatch è protagonista di una storia intrigante che tiene il pubblico incollato allo schermo, quasi in uno stato di trans e stordimento causato dal ritmo sostenuto della storia raccontata dal narratore. La scrittura sincopata dei testi è riprodotta fedelmente anche a livello visivo e sonoro, in un viaggio d’ebbrezza che si trova anche negli altri tre cortometraggi.
Dai toni da favola si passa poi all’esplorazione più profonda dell’animo umano con il racconto ansioso di Veleno, la tragica storia di bullismo ispirata ad un fatto di cronaca reale ne Il Cigno e la favola weird e pulp de Il derattizzatore, dai risvolti cupi e brutali. A fare da fil rouge ai quattro cortometraggi, non c’è soltanto la palette di Wes Anderson – i cui toni contribuiscono ad amplificare i brutali risvolti delle favole -, ma anche l’indagine dell’intreccio tra l’essere umano e l’animale, che sia per somiglianza nella descrizione dello scrittore come nel caso di Fiennes e del topo, o perché la violenza dell’uomo è quanto di più vicino ci sia alla bestia; e, come Il Cigno insegna, il destino degli animali, in fin dei conti, non è così distante da quello dell’umanità.