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Miss Italia, Mirigliani dice no alle transgender: l’anacronismo trionfa (di nuovo)

Ha detto no alle modelle transgender, non tanto perché l’Italia è un Paese “particolare”, ma soprattutto ” poiché ritengo che debbano essere nate donne” dichiarando chiusa la partita, a favore dell’anacronismo

di Sara Radegonda | 21 Luglio 2023
Patrizia Mirigliani, Grande Fratello Vip 6 - Foto: Ufficio stampa Endemol Shine Italy

Era il 1946 quando è nato Miss Italia. In un’Italia che usciva dalla seconda guerra mondiale, in cui le donne avevano appena acquistato il diritto di votare – a discapito di un Paese che le voleva buone e silenziose -, nasceva il concorso italiano che premiava “la più bella”, dalle ceneri di “5000 lire per un sorriso” il contest nato nel 1939 da un’idea di Dino Villani per sponsorizzare una marca di dentifricio. Un concorso di bellezza, quello di Miss Italia, che avrebbe fatto nel corso di ben 77 anni la fortuna di molte showgirl, per cui la fascia di Miss avrebbe aperto le porte, dagli anni Sessanta in poi, della televisione, del cinema, dello spettacolo. Nonostante l’innegabile fortuna del concorso, nel corso di 77 anni il mondo si è evoluto – anche se non abbastanza – e con esso anche il concetto stesso di bellezza: il “bello” è diventato sempre più relativo, meno necessario, dando spazio al nuovo che ha sfidato apertamente l’egemonia dell’arcaico modello greco “bello e buono”.

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Miss Italia no transgender in gara: il veto di Patrizia Mirigliani

Il titolo “la più bella” che sorregge l’intero concorso di Miss Italia è diventato oggi un vero fardello, pieno di contraddizioni, stereotipi e imperdonabili anacronismi. Culla di tutto ciò che la società odierna cerca, in tutti i modi, di combattere. Nonostante le puntuali critiche però, Miss Italia ha sempre trovato il modo di resistere, aprendosi – seppur forzatamente – a bellezze non convenzionali e a “modelle con le protesi”, come ci ha tenuto spesso a sottolineare Patrizia Mirigliani, patron del concorso di bellezza. Come se aprire il concorso a questa categoria fosse da considerarsi un privilegio per le dirette interessate. In modo paradossale, Miss Italia ha saputo schivare la pretesa di modernità perpetrando la volontà di ergersi a depositari della bellezza. Almeno fino ad oggi, giorno in cui Patrizia Merigliani ha palesato l’anacronismo forzatamente escludente e l’ignoranza che sottendono Miss Italia, dichiarando di non voler ammettere al concorso le modelle transgender.

Foto: ufficio stampa Miss Italia

La volontà di escludere tale categoria però non è solo da ricondurre al fatto che l’Italia è un Paese “delicato e particolare”, bensì perché: “Nel mio regolamento non ho ancora aperto alle transgender poiché ritengo che debbano essere nate donne. Quindi, finché andrà avanti il mio regolamento sarà così. E, per ora, non ritengo di cambiarlo” ha dichiarato la padrona di casa. Una frase che, non solo ha scatenato l’indignazione della comunità Lgbtq+, ma ha segnato l’autogol definitivo facendo emergere l’arretratezza e il triste anacronismo dietro al concorso di bellezza. Inoltre le dichiarazioni di Patrizia Merigiliani rendono evidente l’ignoranza – intesa come arte del non sapere – in merito al tema della transizione di genere e, ben peggiore, la mancanza di una padronanza dialettica che, seppur nell’evidente scorrettezza delle idee, avrebbe potuto salvare la Merigliani dalla gogna mediatica.

 

Oltre le polemiche sulle dichiarazioni di Patrizia Merigliani, c’è da chiedersi quanto senso abbiano ancora oggi i concorsi di bellezza. E se forse non sia giunto il momento di scrivere la parola fine. È tristemente necessario ammettere però che, come già sottolineato in precedenza, il concorso di Miss Italia saprà resistere: così come ha saputo far fronte agli anni della contestazione femminile, saprà sopravvivere anche all’ira funesta della comunità Lgbtq+. Perché se c’è una cosa certa in questa paradossale realtà è gli stereotipi sono duri a morire. E chi vuole combattere questa guerra non ha ancora scoperto il fuoco.