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Il mondo dietro di te: il potere seduttivo ma autodistruttivo del thriller apocalittico targato Netflix

Cosa succederebbe se, da un giorno all’altro, Internet – e gli strumenti di comunicazione – smettessero di funzionare? È questa l’intrigante premessa del thriller apocalittico “Il mondo dietro di te” che, nonostante lo sguardo critico alla reazione dei protagonisti, diventa vittima della sua stessa pretenziosità, restituendo un epilogo più che deludente

di Sara Radegonda | 29 Dicembre 2023
LEAVE THE WORLD BEHIND (2023) Mahershela Ali as G.H., Myha’la Herrold as Ruth, Julia Roberts as Amanda and Ethan Hawke as Clay Foto: JoJo Whilden/Netflix

È probabilmente a partire dal 2012 che in molti si chiedono come – ma soprattutto quando – potrebbe finire il mondo. Un interrogativo a cui risponde, con puntuale e fervida fantasia – che spesso si trasforma in inquietante realtà -, il filone cinematografico dei film apocalittici. Da 2012, il film cult di Roland Ememrich, al più recente Don’t Look Up, nel quale l’imminente collisione di un asteroide con la Terra viene condito con una dissacrante satira di un maestro come Adam McKay. A questo filone, che sfrutta la premessa della fine del mondo per una critica sociale più stratificata e profonda, si aggiunge Il mondo dietro di te (The World Behind You), il nuovo thriller apocalittico dal premiato sceneggiatore e regista Sam Esmail (Mr. Robot) – ispirato all’omonimo romanzo di Rumaan Alam – disponibile su Netflix. Un film che costruisce la propria trama partendo da un intrigante interrogativo: Cosa succederebbe se, da un giorno all’altro, Internet – e gli strumenti di comunicazione – smettessero di funzionare?

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Il mondo dietro di te

LEAVE THE WORLD BEHIND (2023) Julia Roberts as Amanda. Foto: Netflix

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Per dare forma a questo interrogativo, che già contiene tra le righe un’evidente premessa apocalittica, il film mettere al centro il racconto di due famiglie: Amanda (la premio Oscar Julia Roberts) e il marito Clay (il candidato agli Oscar Ethan Hawke) affittano una casa di lusso per un fine settimana con i figli Archie (Charlie Evans) e Rose (Farrah Mackenzie). La vacanza tanto attesa dai coniugi viene bruscamente interrotta quando alla porta di casa si presentano, avvolti da un’aura di mistero, G.H. Scott (Mahershala Ali) e sua figlia Ruth (Myha’la), proprietari della casa di vacanza e fuggiti da un blackout in città. La convivenza delle due famiglie subisce un rapido peggioramento nel momento in cui si rendono conto che internet, la televisione e la radio hanno smesso di funzionare, così come il telefono fisso; quindi non hanno alcun modo di scoprire cosa stia succedendo fuori. Inoltre, isolati dal mondo, i protagonisti partecipano ad eventi anomali che li gettano nel terrore, rendendoli incapaci di far fronte – razionalmente – ad un mondo, la cui fine è ormai imminente.

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Il mondo dietro di te recensione: un finale debole che cancella l’intrigante premessa

Il mondo dietro di te fonda le radici della propria trama su una premessa semplice ma dalle interessanti implicazioni, il cui sviluppo porta all’attenzione del pubblico profonde riflessioni, intrise di critica sociale, su alcuni aspetti che permeano la nostra quotidianità. A proposito di ciò la problematizzazione del tema della tecnologia, la cui assenza sembra condurre i protagonisti – che diventano sineddoche dell’umanità intera – al proprio stato di natura (rappresentato dalle inquietanti figure di animali presenti nel), diventa l’unica eredità del film; un fil rouge che conduce alla provocazione finale: dall’inizio del film la piccola di casa Rose lamenta di non essere riuscita a guardare l’ultimo episodio di Friends, tanto da essere ossessionata dal non sapere come va a finire la sitcom; un’ossessione che subisce un crescendo nel corso della trama fino all’epilogo che viene affidato interamente a lei, lasciando aperto – e inconcluso – il destino degli altri personaggi.

Il film si conclude, dunque, con un finale che avrebbe la pretesa di definirsi aperto, ma la realtà è che si tratta semplicemente di una conclusione incredibilmente debole, non degna di una storia che diventa vittima della sua stessa pretenziosità, perdendosi nella spirale dei propri indugi. Ad avvalorare la tesi di un finale che non ha un senso ci sono le parole dello scrittore, il quale ha dichiarato a Variety: “È una cosa che ho sentito dire spesso da Sam Esmail: anche lui non lo sa. Ma il finale è abbastanza aperto da diventare qualcosa che viene posseduto dal pubblico”. Parole che sottolineano come “un finale aperto” sia diventato l’espediente per giustificare un finale semplicemente mal scritto. Che inesorabile tristezza.

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