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Ahi serva Italia, in balìa di Fabrizio Corona: 20 anni dopo, non abbiamo imparato niente

Che speranza potrà mai esserci per un Paese che continua imperterrito a dare credito a chi ha dimostrato, condanne comprese, di non meritarne? La verità è che siamo colpevoli più di lui

di Beatrice Anfossi | 18 Ottobre 2023
Foto: screenshot RaiPlay

Se è vero che l’uomo impara dai propri errori, qualcosa nel processo di damnatio memoriae di Fabrizio Corona deve essere andato storto. Perché è questo che ci si aspetta in relazione a un pluricondannato – tra le altre cose – per truffa, estorsione, diffamazione e corruzione, no? Macché, al contrario: il caro buon vecchio Corona è tornato per prendersi le luci della ribalta, e noi gliele abbiamo dedicate tutte. Mentre ci sembra di rivivere come in un brutto sogno i primi anni Duemila, un carrozzone ben nutrito – composto da tv di Stato, affermati conduttori e rispettabili testate giornalistiche – sta dando a Fabrizio Corona uno spazio che quasi fa impallidire quello concesso a fatti di cronaca ben più rilevanti.

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Fabrizio Corona è l’argomento del momento: nuovo paladino della giustizia, l’uomo di cui questo Paese allo sbando aveva bisogno. Sicuramente, l’uomo che ci meritiamo. Perché se il nome dell’ex marito di Nina Moric occupa compulsivamente tv, giornali e siti web la colpa è nostra, e nostra soltanto. Di noi giornalisti, dei magistrati, degli inquirenti, di tutti coloro che hanno acceso la tv aspettandosi qualcosa da lui. Come se per condurre indagini, smascherare illeciti e portare a galla la verità avessimo bisogno di qualcuno che, anche qualora fosse in possesso di notizie fondate, probabilmente le avrebbe ottenute in maniera non del tutto lecita e soprattutto non avrebbe alcun titolo per divulgarle.

Viene da chiedersi, in una gara sempre più competitiva a chi la spara più grossa, chi sia davvero a condurre il gioco. I programmi tv invitano e pagano profumatamente Fabrizio Corona nella speranza di fare audience, lui sfrutta l’esposizione mediatica promettendo rivelazioni e poi urlando alla censura, così che poi un altro programma – magari della concorrenza – possa ridargli attenzioni sul tema, e così via all’infinito. Chi ci guadagna? Sicuramente non il servizio pubblico, ancora meno le persone che finiscono coinvolte nelle sue illazioni (vere o presunte), di certo lo stesso Corona, che gongola dell’attenzione ritrovata. Se davvero Rai 3 avesse censurato Corona nel programma Avanti popolo, impedendogli di fare i famosi nomi mancanti dell’inchiesta sul calcioscommesse, avrebbe fatto solo il suo dovere, tutelando dei privati cittadini.

Lo spazio per i processi è il Tribunale, il luogo degli interrogatori è la Procura. Tutto ciò che esula da queste sedi istituzionali è chiacchiera, indiscrezione, che può diventare anche diffamazione. Guarda caso uno dei nomi fatti dall’integerrimo Corona – che lo ricordiamo non è un giornalista, come non è mai stato un fotografo – potrebbe essere stato inventato dalla fonte in cambio di un’ingente somma di denaro. La sensazione è che stiamo, ancora una volta, assecondando il delirio di onnipotenza di una persona malata di fama, attenzioni e ricchezza. Stiamo facendo tutti il suo gioco, con un dettaglio: è lui il fuoriclasse, nel campionato della scorrettezza saremo sempre destinati a soccombere.