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Shein, dall’inchiesta al finto viaggio stampa: quando l’indignazione non basta a smuovere le coscienze

Il colosso cinese del fast fashion, Shein, continua a far parlare di sé. Ad emergere sono dettagli sempre più inquietanti sulle dinamiche di gestione dell’azienda che, però, non sembrano smuovere a dovere le coscienze

di Sara Radegonda | 28 Giugno 2023

Dopo l’inchiesta in cui erano emersi inquietanti scenari di sfruttamento degli operai e condizioni di lavoro critiche, il colosso cinese del fast fashion Shein torna a far parlare di sé. Nelle ultime ore infatti hanno fatto il giro del web i video del gruppo di influencer invitati dall’azienda ad un viaggio stampa che prevedeva il tour delle fabbriche in Cina. Oltre ad un ambiente apparentemente ospitale e personale entusiasta del proprio lavoro, dai racconti condivisi dagli infleuncer emerge uno scenario totalmente divergente rispetto a quanto raccontato in precedenza da report e inchieste svolte proprio sulle pratiche anti-etiche di lavoro promosse dall’azienda. Dani DMC, una delle infleuncer presenti al tour, ha anche affermato in un video condiviso su TikTok che quanto abbiamo sempre saputo su Shein si tratta di “rumours”. Un’affermazione che andrebbe a vanificare i risultati di inchieste e e le testimonianze dirette dei lavorati riportate da fonti affermate.

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Shein viaggio stampa finto? Le parole di un’influencer aumentano i dubbi

L’influencer ha poi spiegato in un video riassuntivo dell’esperienza su TikTok, l’intento della sua collaborazione: “Sto lavorando con Shein per portare le informazioni del brand ai consumatori e per aiutarli a sfatare molti di questi miti. Ci siamo messi d’accordo, abbiamo firmato un contratto. Si prendono cura dei loro creator” ha esordito Dani DMC. A instillare il seme della legittima polemica è però un altro dettaglio: per quanto la creator possa essere stata mossa da nobili intenti, i video realizzati all’interno delle fabbriche sono stati realizzati dietro compenso diretto dell’azienda; un dettaglio che compromette, inevitabilmente, l’autenticità di quanto riferito – soprattutto in relazione ai risultati dell’ormai celebre inchiesta Untold: Inside the Shein Machine, realizzata nel 2022 dalla reporter Iman Amrani con Zandland Films, mandata in onda da All4 (la pay-tv del canale britannico Channel4). Inoltre il pubblico ha contestato all’influencer il fatto di aver riportato dettagli sulla produzione senza prove o dati a supporto: “I vestiti hanno un’impronta di carbonio molto bassa rispetto a molti marchi di fast fashion. Qui producono solo ciò che è necessario. Hanno tessuti realizzati in modo etico”. Affermazioni che, alla luce di chi i dati li ha portati alla luce, risultano assolutamente vacue e decisamente discutibili.

@shein_us Get a glimpse of the process of how your purchases are packaged directly from our facility and delivered to your doorstep. Watch as our partners discover the cutting-edge tech that streamlines our operations and receive a hands-on experience in packaging. Stay tuned to the #SHEIN101 series to learn more of what goes on behind the scenes at #SHEIN #SHEINOnTheRoad ♬ original sound – SHEINUS

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Shein viaggio stampa finto? I sospetti del web e la risposta dell’azienda

Il viaggio stampa organizzato alla presenza degli influencer nelle fabbriche di Shein in Cina, alla luce anche delle affermazioni fatte dagli stessi creator, hanno alimentato l’idea della messa in scena. Sono in molti infatti a credere che Shein abbia fatto costruito ad hoc una realtà – fatta di fabbriche e operai finti -, per ripulirsi dal danno di reputazione causato dalle numerose inchieste che sottolineano un ambiente e una produzione non etici. Di fronte alle insinuazioni sempre più stringenti si è aggiunta anche la risposta dell’azienda: “Shein si impegna per la trasparenza, e questo viaggio riflette un modo in cui stiamo ascoltando i feedback, offrendo l’opportunità di mostrare a un gruppo di influencer come funziona Shein attraverso una visita al nostro centro di innovazione e consentendo loro di condividere il proprio punto di vista con i loro follower. I loro video e commenti sui social media sono autentici e noi rispettiamo e sosteniamo la prospettiva e la voce di ciascun influencer sulla sua esperienza” ha riferito il colosso del fast fashion, come riportato su Nss Magazine.

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Shein polemica viaggio stampa: l’indignazione non basta più

Ciò che colpisce in tutta questa vicenda è quanto oramai anche l’indignazione non sia più un sentimento in grande di smuovere le coscienze. Di fronte infatti all’evidenza e addirittura alla presunta menzogna (qualcuno azzarderebbe anche il sostantivo “truffa”), i consumatori non sembrano riuscire a fare a meno di rendersi complici di tale meccanismo, nella piena consapevolezza delle dinamiche e implicazioni che stanno dietro alle t-shirt a 3€. Nell’era di Internet, l’ignoranza e la mancanza di consapevolezza non si perdonano più così facilmente. Da quando la rete ha messo a disposizione di tutti (o della maggior parte) una quantità pressoché infinita di sapere, il ruolo stesso del non-sapere è diventato sistematicamente improbabile – se non impossibile – e, dunque, imperdonabile. Nonostante la confusione renda spesso difficile la reale comprensione di alcune dinamiche, la cui verità ed essenza tendono a perdersi nel mare magnum delle opinioni, l’ignoranza (intesa come “atto dell’ignorare”) è diventata meno tollerabile. Dunque, in un momento in cui la possibilità di sapere è così a portata di mano, l’atto di girare la testa – o nasconderla sotto la sabbia, che dir si voglia – di fronte alle sempre più inquietanti dinamiche che coinvolgono il colosso del fast fashion Shein è non solo di difficile comprensione, ma del tutto inaccettabile.