“Ho rubato la marmellata” è un susseguirsi di ricordi
A tre anni dalla scomparsa di Remo Remotti il canale Sky Arte celebra il poeta con il film “Ho rubato la marmellata – Vita di un artista politicamente scorretto”, diretto da Gioia Magrini e Roberto Meddi. Il film è un ritratto intimo che unisce i ricordi personali di Remotti, tratti da filmati realizzati nel corso degli anni, e le testimonianze dello scrittore Michele Serra, del critico d’arte Gianluca Marziani, del drammaturgo e regista Giampiero Solari, dell’attore e regista Massimiliano Bruno, nonché di quelle della moglie di Remo, Luisa Pistoia, e della figlia Federica.
“Io non mi considero un’eccezione. Ho fatto quello che ho sentito senza chiedere niente a nessuno. Se vuoi essere libero non c’è epoca o latitudine che tenga”. Con queste parole si raccontava Remo Remotti, l’artista eclettico e irriverente che ha spaziato dalla pittura al teatro, dal cinema alla letteratura e alla musica, fino a diventare alla fine della sua lunga vita idolo underground dei giovani, realizzando spettacoli in teatri off e centri sociali in cui declamava i suoi monologhi in bilico fra volgarità, follia, sfida alla morale comune e ricerca spirituale del senso della vita. Il film andrà in onda questa sera alle 20.10.
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In un susseguirsi di ricordi e aneddoti, intessuti di brani dei suoi spettacoli teatrali e concerti dal vivo, e dal materiale d’archivio dell’Istituto Luce che restituisce l’atmosfera storica degli avvenimenti vissuti nel corso della vita dell’artista, conosciamo la storia professionale e umana di un personaggio sopra le righe, curioso e disponibile, affamato di vita e pronto a ripartire in direzioni sempre diverse per cercare di arrivare ogni volta un po’ più vicino a se stesso.
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Nei suoi racconti Remotti parla dell’infanzia a Roma durante il fascismo; del padre ‘fiumarolo’ che gli ha insegnato ad amare il Tevere e il canottaggio ed è morto quando lui era ancora un bambino; del rapporto ‘edipico’ con la madre vedova che lo voleva laureato in legge e sperava per lui un futuro di dirigente d’azienda; della sua fuga in Perù, in odio alla Roma borghese degli anni ’50; della scoperta della pittura, della scultura, dell’arte; della sua esperienza nella Berlino delle rivolte studentesche nel ‘68; dei ricoveri in manicomio; del suo amore per le donne e l’ossessione per il sesso; del suo mestiere di attore, dapprima in teatro, grazie all’amico Renato Mambor, e poi al cinema, con registi come Marco Bellocchio, Nanni Moretti, Francis Ford Coppola; e del rapporto con Roma, città amata e odiata.
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